Pasqua di resurrezione: cosa ci insegna sulla legge
La vita oltrepassa il diritto, ma gli dà anche il suo vero senso.
«Littera occidit, spiritus vivificat», diceva San Paolo. L'insegnamento cristiano è coerente quando afferma la superiorità dello spirito, che vivifica sulla "lettera", cioè la norma, che uccide se è sterile e si limita a un'affermazione esteriore, senza però aderire alla vita e alla sue leggi più profonde.
Ma la Resurrezione è un evento dirompente: è la vita che vince la legge, si afferma al di là di essa e oltre i suoi limiti, anche quando si tratta di leggi naturali.
Per chi è cristiano e crede, la Resurrezione non è un simbolo, una metafora, ma un fatto vero, compiuto da Gesù, detto il Cristo, veramente morto in croce e davvero risorto. Ci precede indicandoci la via e dimostrandoci che la vita non finisce con la morte, ma la sconfigge.
Non sarà la morte a dire l'ultima parola: la vita è davanti alla legge, la precede, la sovrasta. «Il diritto morirà, perché è mortale», diceva il giurista Francesco Carnelutti nel suo saggio su "La morte del diritto".
Invece la vita non muore, la vita è così viva che chi l'ha creata sopravvive alla morte non evitandola, ma andandole incontro e accettandola in vista di un bene più grande.
È questa la "vendetta di Dio", che ha combattuto il male attraversandolo, la vita vivendola e affrontandola sino alle più dolorose conseguenze, fino alla morte in croce, ha redento il peccato con l'amore.
Così alla fine - ma solo alla fine - è la vita che uccide alla morte, ma intanto dimostra che già durante il percorso si può uscire dalle tenebre, se si è capaci non lasciarsi dominare dalle avversità e di saper ricominciare, rialzandosi dopo fallimenti, delusioni, sconfitte e ostacoli. Perché Cristo dimostra che si può fare, seguendo la sua strada. Lui ce l'ha fatta e non ci lascia soli: ha compiuto tutto questo per noi.
In questo percorso si scopre che la vita "giusta" non è quella che si limita a seguire i dettami della legge, spesso per convenienza o sentendoli come un sacrificio, ma quella che li concretizza, li vivifica e li pervade d'amore. Solo così la legge genera i frutti per cui è stata dettata.
Non è l'uomo ad essere fatto per la Legge, ma la Legge ad essere stata data per l'uomo, dice Gesù nel Vangelo. La buona novella che inizia dall'incarnazione, prosegue con la predicazione, chiede la conversione e sembra culminare nella morte, in realtà arriva alla resurrezione, quella delle anime e infine anche dei corpi.
Ecco perché San Giovanni Paolo II affermava con entusiasmo: «Non abbiate paura! Spalancate le porte a Cristo». La vera religione, così come il vero diritto, non si riduce a un culto o a un rito.
Oltre la legge e al di là dell'orizzonte della legge c'è la vita; infatti san Paolo disse che Cristo era venuto a riscattare quelli che erano sotto il dominio della legge affinché fossero posti sotto la grazia.
La grazia, un mix divino di amore e misericordia, è un dono da accettare che si sperimenta vivendo. Una conquista non raggiunta dall'uomo ma regalata da Dio, che dà un senso alla legge e libera dal suo peso: così «il mio giogo è dolce, il mio carico è leggero», assicura Gesù. Un mistero irrazionale, certo, che va contro le leggi della fisica ed anche quelle del pensiero: ma è proprio qui la sfida.
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